giovedì 23 ottobre 2008

Canto sull'illusione.

Oggi sono serio, domani no e ieri nemmeno, e fra un po' e poco prima neppure.
Quindi nell'attimo in cui gli artigli fremono sul vetro vi dedico tre poesie che narrano di un argomento caro e sconosciuto all'uomo.
Sono tutte una stessa storia, la stessa storia ripetuta infinite volte inutilmente.
La storia dell'uomo che si illude.

Il cerchio dell'illusione.
Ispido manto dell'orso cantante
lacera il guanto dell'uomo sognante.
Corvo solitario all'albero appeso
emetti il suono del respiro sospeso,
riecheggia nel mondo la nota vibrante
catturata dal vero sciamano danzante.
Hai dormito sospeso sul vetro eterno
insipido dono del Dio inverno,
ora svegliati dal sonno forzato
desta il ruggito del leone alato
emetti il suono dell'aquila benedetta
lambendo il mare della sfera perfetta.
La passione celava il sogno infranto
iridescente raggio del vetro che canto,
languida carezza del filo argentato
lasciata oramai al figlio del peccato.
Usa l'artiglio del lupo dorato
spezza il vetro del sole argentato,
invero scoprirai la verità infernale
ombra sospesa dal guado del male.
Nulla esiste nel riflesso spezzato
e l'Illusione il Dio che ho creato.


Il cerchio degli elementi.
Il sospiro accoglie la terra amata
lambendo la pioggia scrosciante del cielo
come neve imbianca la navata
edificata dal magma del nero pelo.
Riecheggia ancora il suono dell'armonia
correndo sulle ali perdute del vento
ha ancora il sapore della retta via
immerso nel ricordo chiuso dal tempo.
Oh se potessi essere ora
demone ed angelo al mio cospetto
eviterei il giudizio sospeso finora
guadagnando degli elementi il rispetto.
Loro ridono del mio pensiero
inneggiando canti di fauni danzanti
eppure nel loro dolore comprendo il nero
lasciato da chi vide le spire fumanti.
Ecco che il cerchio chiude aprendo
mare dell'aria e terra del fuoco
emettendo il soffio che io rendo
navata bianca che crolli con poco.
Tutto si ripete nel ciclo infinito
illusione che appare puntando il dito.



Il cerchio della vita.
In te il ricordo accende il fuoco,
lascito ancestrale del doppio fremente,
carne innocente servita dal cuoco,
eburnea storia grondante di mente.
Ricordi il fuoco spento
chiave dell'occhio tinto di vetro?
Hai perso nell'oblio il sacro vento
illuminando il piede sul sole nero.
Oramai è giunta l'ora
destino lo chiami del futuro passato
epitaffio nascosto nel buio che adora
luce nera del sole guardingo e celato.
Lasciati illuminare spezzando l'anello
avulso nel cerchio macchiato di sdegno
vai combattendo con la spada il bello
istrione maestro che ha il tuo cuore in pegno.
Tuttavia il vetro non si spezza al suono vermiglio
accetta il silenzio guardando il figlio.



I tre cerchi che si intersecano, sacri e sacrileghi, nelle mani dell'uomo.
Spezzarli o incatenarsi? L'ovvia risposta è il motivo per cui siete qua.

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